Gli sporadici lettori di questo blog avranno notato negli ultimi interventi una certa predominanza di tematiche sulla decadenza. Chissà perché, siete autorizzati a chiedervi. Lasciandovi con questo interrogativo (su cui scommetto che non dormirete la notte), aggiungo un altro tassello, che non poteva davvero mancare: è una bellissima poesia di Shelley su questo tema.
” Incontrai un viaggiatore che veniva via da una terra antica,
che mi disse: due grandi gambe di pietra, senza tronco,
stanno nel deserto. Lì vicino, sulla sabbia,
mezzo sepolto, c’è un volto smangiato, ma le sue ciglia aggrottate
e il labbro corrugato, e il sorriso obliquo freddo di comando
dicono che il suo scultore lesse bene quelle passioni
che ancora sopravvivono, calcate sulla materia inerte,
alla mano che le finse e al cuore che le nutrì.
Sul piedistallo queste parole appaiono:
– il mio nome è Ozymandias, re dei re,
guardate le mie opere, voi Potenti, e piangete! –
Niente qui resta. Intorno alla decadenza
di questo colossale relitto, nude e sconfinate
le solitarie ed uniformi sabbie vanno stendendosi lontano.”
Commento di prova.
By: Sir on 26 novembre 2010
at 10:57